venerdì 19 ottobre 2012

Marsilio Ficino: Aria - La Musica (14)



I Gemelli da una stampa anonima (sec XV)



Apollo e Dionisio sono fratelli. E non riguardano soltanto la mitologia. E nemmeno la letteratura. Su di un piano più profondo, non sarebbero altro che parti psichiche che formano e completano l’identità. Dionisio e Apollo, sono i due lati della stessa medaglia .

 Dionysos Louvre



Lo psicoanalista Sicuteri, nel suo memorabile studio astrologico, ricorda come il mito dei gemelli contenga un confronto piscologico tra la parte mortale e quella immortale. E di come qualcosa vada sacrificato per entrare nel regno degli Dei. Ovvero, per rendere stabile il duale. 

I gemelli – il segno stesso è il primo triplicità aria - «esprimono il tema della scissione che riveste un significato sacrificale perché una delle polarità viene sacrificata per un vantaggio dell’altra». Ma lo scopo tra le due tensioni non rivela una vera propria prevalenza quanto una armonia dei contrari. E sempre Sicuteri vede il confronto tra forze progressive e quelle conservative/ancestrali, tra il principio di piacere e quello di realtà (concetti freudiani).
Come Castore e Polluce, l'archetipo della gemellarità porta con se la scissione/separazione e lo scopo di riunificazione/integrazione delle parti. Sulla carta natale possiamo cogliere infatti il valore duplice di Mercurio, suo Signore.Il mercurio fermo, mentale. E il Mercurio volatile, capace di lasciarsi dietro i processi razionali e passare attraverso le dimensioni (il mantello lo rendeva invisibile e poteva visitare il Mondo di Ade). Anche in questo caso le metafora del doppio è molto esplicativa




 Castore e Polluce, gemelli figli di Leda. Il mortale e l'immortale. 
Potrebbero anche essere Prometeo ed Epimeteo, fratelli anch'essi
che l'astrologo Rudhyar cita in una importante saggio sulle tipologie mercuriane



Ritornando a Marsilio Ficino, e alla sua astropsicologia, possiamo ritrovare la stessa tensione. Dionisio, esperienza diretta, e Apollo, l’astratto il distante (e a pensarci bene sono le potenzialità intellettive di Mercurio astrologico).





Glifo di Mercurio. Una delle sue rappresentazioni è anche il Caduceo.
La scala proposta da questo simbolo antico richiama la struttura energetica del corpo

il DNA e la frequenza del Macrocosmo.
le due energie, il duale, che abbiamo trattato anche per la scuola di Atene


Dionisio attraverso l’esperienza diretta del mondo fisico e fantastico. Lo Spirito Dionisiaco che diventerà uno degli argomenti di Nietzsche nella sua Volontà di Potenza e nella Nascita di una Tragedia. Il prerazionale, il contatto diretto non mediato con qualcosa che espande. (Nietzsche bilancia, ascendente scorpione). Sia pure in una chiave contestatrice e nichilista, il filosofo tedesco negava che la vita sia sottoposta a un ordine razionale superiore, anticipando di quasi un secolo tutto il pensiero esistenziale. 

  
Ficino, molto tempo prima, ereditava e sviluppava un pensiero platonico in netto contrasto con le spinte decadenti e sofferenti del 900. Se pure esaltava il potere di trascendere il confine individuale a favore del senso collettivo, e del furore, quelle di Nietzsche erano intenzioni ben diverse. Sono due storie lontane, due ere astrologiche distanti.

Dionisio è l’ebbrezza, il vino. Apollo è «colui che colpisce da lontano» attraverso un processo astratto e distante. Ficino sta descrivendo il terzo elemento costitutivo dell’esperienza psichica. Dopo il vino (terra) e l’aroma del vino (acqua), e la volta della musica (l’aria). La musica come vibrazione (verbo) come elemento invisibile, come stato di animo, come intenzione, come espressione sensibile di una matematica. L'elelmento aria è dunque la musica.

 

La chiave di sol la cui corrispondenza è Giove (dominante musicale o quinta naturale). Dionisio significa anche figlio di Zeus/Giove, dunque il canto/rito degli astri/suono.Il pentagramma di base ha un suo riferimento alla chiave di Sol (non è lo stesso per il setticlavio e per la chiave di basso)






La musica prima di rientrare nelle attuali categorie estetiche, è un evento sottile, spirituale. La musica che cura, le frequenze che accordano, il suono che penetra la materia, l’armonia che distribuisce le parti. Dunque soltanto da questo piccolo precetto emerge l’importanza di comprendere come il pensiero/sentimento sia una tema musicale, una frequenza, che propone una forma al mondo della materia, e fa partecipare anche il nostro Corpo/Psiche.

E viene da se comprendere come pensieri ed emozioni possano divenire fondamentali per la cura, e per l'espressione della nostra coscienza. O al contrario, se distonici, possono divenire malattia. E come tutto questo sia anche legato al mondo delle manifestazioni sottili e quindi ai Pianeti (e la relativa risonanza dei Chakra). La musica come salute l’anima. La vibrazione come linguaggio diretto dello Spirito.


L’argomentazione di Ficino è ricordata da Moore: lo spirito è simile all’aria; dunque anche lo spirito dell’individuo è simile all’aria. Poiché simile all’aria è anche la musica, trasportata nell’aria, è del tutto naturale nella psicologia di Ficino che la musica abbia ingresso facile nello spirito della persona. Diremo, “risuona”.

La musica stimola le facoltà di chi sa ascoltare (l’aspetto animico e ricettivo, qui è molto forte). Non si parla solo di musica sacra; o di armonia classica o di un concerto Rock. Si sta parlando anche e soprattutto della categoria di musica humana, ovvero della musica del suono in grado di far partecipare l’anima umana. Con la musica, l’anima sente e con essa il nostro essere, che in questo modo può vibrare vicino alle cose dello Spirito.

La musica non si tocca. Almeno non nel senso fisico. Ma si sente, poichè la sua vibrazione produce un senso particolare che può toccare con le facoltà del cuore e dell’anima. E per questo è anche un’immagine multidimensionale (si pensi alla poetica dei Pink Floyd e al certosino lavoro di accostare immagini e suoni, per esempio). 

Ma appunto non con un chiaro intento di percezione visiva, come invece come immaginazione immagini, forme e colore (l’avanguardia cinematografica espressionista aveva tentato questo gioco, si pensi al cinema di Walter Ruttmann o le sperimentazioni del Dadaismo). Musica, suoni, colori ed emozioni sono l’espressione di una gamma di frequenza, su piani diversi, ma di una stessa sorgente. Il sentire animico è la sua possibilità di ascolto.
L’ascolto porta la persona a lasciare da parte le funzioni normali – ad attenuare le facoltà razionali, l'ego intellettivo - per attivare quelle più sensibili, estetiche appunto. Per cui la contemplazione, la vibrazione, il gioco, le strutture armoniche e ritmiche avvicinano la vita psichica della persona alla dimensione reale della vita e dell’anima.

 
La musica come elemento astrologico viene dunque associato all'aria, al mezzo di propagazione del sentire (l'aria che respiriamo che riporta in gioco i Gemelli, segno del duale, mani, braccia, polmoni, come le fasi del respiro). La musica è la portante del senso spirituale e dell'astrazione. Ricorda Moore: noi miglioriamo psicologicamente quando percepiamo i vari modelli della vita dell'anima astratti dal contenuto. Ancora una volta, come osservato nelle pagine precedenti, l'allontanamento dal contenuto, dalla centralità del dell'esistere, dal Mercuio soltanto pensante, diviene occasione per assaporare la vita. il suo senso estetico. Attraverso il vino; e attraverso la sua festa (le ritualità Dionisiache avvenivano infatti a primavera, tra marzo e aprile, e metà gennaio, dopo la nascita di Dionisio).




Il simbolo duale dei Gemelli indica anche le due colonne, Joachin e Boaz,  ma anche la porta.


La musica accorda l'anima, perchè espressione del linguaggio dello Spirito e del suono dell'universo.
E tra la musica e l’astrologia esiste molto più che un legame. Ed è molto antico. 

 I pianeti op. 32 (The Planets) è una suite orchestrale in sette movimenti,
 scritta dal compositore inglese Gustav Holst fra il 1914 e il 1916.
(il compositore è un 14 settembre, un Mercuriano)




mercoledì 5 settembre 2012

Ficino: l'aroma del vino - acqua (13)




La terra deve essere toccata. Penetrata, fatta a pezzi, rigenerata. Disciolta in una soluzione. Il duro, il rigido, deve riprendere il movimento per affiorare in uno stato dinamico. E voler restituire Spirito e Anima a ciò che appare inerte.



Per Ficino, sempre attraverso lo straordinario saggio di Moore, l’aroma del Vino corrisponde all’acqua. Continua il processo di dissoluzione. Lo smembramento dionisiaco, il passo ulteriore della dissoluzione del corpo (vedi pagine precedenti) diviene piacere, essenza, sensualità. E nell’ebbrezza (la dissoluzione della ragione e dei suoi freni) la coscienza diviene più libera. Va da se che ragione e coscienza non sono la stessa cosa. E che la mente, mente!
 

Il vino è nutrimento di questa coscienza. E turbamento dell’ordine comunemente accettato. È penetrazione delle sfere rigide, del censurato, di Saturno, di una brutta quadratura, di una pesante giornata. Il vino arriva all’anima, la nutre, laddove il corpo e la mente arrancano. Bagnare le tempie con il vino, una pratica antica quanto la coltivazione della vite. E Ficino consiglia di bere vino due volte al giorno. Non per effetto dell’ebbrezza e del desiderato oblio. E ne per distrazione del corpo. Ma perché il vino va alla testa, muove ciò che è fermo, ci avvicina ai sottili movimenti dell’anima. Il vino, e il suo aroma. Il sapore.




Il vino, che vive un suo ciclo di trasformazione ha dunque un potere alchemico su di noi. Nella cultura cinematografica esistono due straordinari film che raccontano questo e che invito a vedere e a rivedere, eventualmente. Si tratta di Sideways - In viaggio con Jack, dal regista Alexander Payne (interpretato da Paul Giamatti e Thomas Haden Church) e Un'ottima annata (A Good Year) diretto da Ridley Scott  (interpretato da Russell Crowe). I protagonisti nel loro peregrinare, uno scrittore non realizzato e  uno spietato uomo di affari, subiscono una radicale trasformazione. Una volta a contatto con le energie primigenie della terra e della vite, iniziano a maturare una nuova prospettiva sulle realtà. Cambiano il loro punto di vista e inevitabilmente trasformano il loro destino narrativo (l'astrologia e la narrazione hanno molte cose in comune). Dunque il vino forgia un’esistenza altrimenti uguale. Apre gli occhi. Rinnova la mente. Trasmuta.





L’aroma del vino, quindi. La fragranza espande. Elimina i confini. L’oggetto non c’è, la bottiglia è sparita, il calice rimane vuoto, ma rimane una traccia, l’aroma, l’odore. Così ricorda la protagonista del film di Payne in uno straordinario dialogo sulla vita del cosmo e del vino oltre se stesso. Il lento e inesorabile declino del vino, il suo sapore. La storia del pianeta. La terra che lo innalza. L’anima che lo ascolta. La costante e complessa evoluzione fino all’apice. Dunque il vino, ma anche Psiche, intelletto, anima. Il vino è forte. Oltre la memoria, attiva le energie oltre le barriere consce. La funzione della memoria, la forza evocativa delle immagini. La storia del vino, la nostra storia. Il passato.
 
E qui affiora l’elemento peculiare dell’anima. La memoria, il ricordo, le immagini che la nutrono. Si tratta dell’essenza fondamentale delle nostre esperienze. Essi hanno il potere di muovere l’anima. La memoria. Non solo quella diretta dell’esperienza letterale, ma anche quella psichica, del mondo interiore. Il profumo degli eventi ricorda Moore. La vita astrale e onirica aggiungerei io.

L'esperienza del vino è dunque necessaria per sentire/percepire  il piano di-vino. E per inziare un percorso di ascesa Spirituale e di controllo sul Corpo/Mente. E di osservare la nostra funziona organica e destreggiarla ad una miglior finalità (il segreto alchemico applicato alla chimica del corpo partirebbe da questo presupposto biologico e dall'attivazione della Kundalini, alla base dei primi Chakra, non a caso sessuali)



Il sapore non ha una logica. Ma possiede come un soffio musicale, una frequenza. E forse non ne un caso che sia l’acqua è l’elemento alchemico che Ficino pone all’aroma del vino. Non il calice pieno. Ma il suo odore, il quale suggerisce un progetto, una forza oltre le cose. La vita del cosmo, come quelle degli esseri umani, che in qualche modo possono coesistere e penetrare l’astratto, il piano invisibile degli archetipi, la dimora dei simboli. Il nostro mondo interiore è più reale di tutti. E per questo che tale esperienza fa morire il concreto, l’astratto. Il corpo fisico e le pretese dell'Ego.

L’acqua è l’emozione, l’elemento principale del contatto, il fluire di una energia dentro di noi (bioelettrica o elettrodebole come ricorda il saggio di Giuliana Conforto, Il Gioco Cosmico, su cui ritornerò più avanti).




E qui affiora un altro concetto, apparentemente nichilista e gotico. Ma nell’ottica di Ficino, iniziatico. Il vino uccide simbolicamente il corporale, il concreto, e si avvicina al mondo delle Entità e dello Spirito. Non solo per un suo effetto chimico. Ma per l'osservazione che ci permette di realizzare. Coltivazione, raccolto, frammentazione, distillazione, fermentazione.  Stiamo nel campo dell’alchimia. E l’atanor siamo noi, il nostro corpo, la cui cura deve essere attenta e consapevole. In caso contrario si corre il rischio davvero fatale di autodistruzione tipico di chi cerca di colmare il proprio vuoto con qualcosa di fisico invertendo la sostanza con l'essenza. Per rimanere in ambito squisitamente cinematografico come non vedere questo atteggiamento di Ben Sanderson (alias Nicolas Cage), nel film Via da Las Vegas (Leaving Las Vegas, Mike Figgis)  Ovvero l'opera di un «suicidio etilico».



La pretesa di colmare il vuoto esistenziale con l'alcool porta ad una deviazione dell'esperenza sacra e inizatica del Vino. L'inversione per quanto comprensibile di mezzo con scopo, spiega l'uso esotericamente errato dell'ebbrezza. 
Qui il protagonista di Via da Las Vegas compra dozzine di bottiglie di alcool. 
L'esperienza si esaurisce in se stessa. 
Ed è necessario passare anche attraverso una fare estrema per sentire la voce dell'Anima. Accentandone il rischio.



scena tratta dal film Sideways. Il protagonista perde il controllo!


Non serve il calice. Ma il suo odore, l’essenza. E io compimento con il nostro intento, riconoscere la risonanza dello Spirito (alcolico e cosmico); e il tocco silente dell’anima. E un piano simbolico, sottilissimo. Ed è qui, probabilmente che l’acqua può iniziare a divenire vino. Consapevolmente. Rinunciando al controllo. E alle nostre quotidiane pretese. A patto di saper dosare la misura. E accettare con umiltà il suo contatto. Poichè anche il vino diviene il mezzo per una trasmutazione: quella di superare la contingenza biografica ed esistenziale. Dunque passargli attraverso. E non affogare.

sabato 18 agosto 2012

Cesaria Evora, Mindelo, 27 agosto 1941 – São Vicente, 17 dicembre 2011





La dolce cantante dai piedi scalzi è una vergine. Non conoscendo il suo orario di nascita, quasi tutti la collocano con un orario convenzionale, ore 12.00. Cosa che ho fatto anche io, anche se la tentazione di fare ascendente il segno della sua luna è stata forte (luna scorpionica). Ed è proprio partendo da questa luna che vorrei iniziare. Benigni (scorpione) sale sulle poltrone nel momento della sua premiazione, la Littizzetto (Scorpione) sale sopra le scrivanie con improbabili mosse da acrobata, mentre commenta le notizie. E la nostra Evora, entra in palco con piedi scalzi, segno di fortissima determinazione ma anche grande compassione e umiltà. A piedi nudi sull’erba, recitava Whitman. E a piedi nudi si torna ad un contatto ancestrale con le proprie radici e con se stessi. E la dolcezza del canto, la nostalgia per qualcosa che ci vive dentro, sono assolutamente presenti nella sua arte, nelle sue parole, nella sua voce. Si tratta di una luna forte, intuitiva che va oltre le regole convenzionali, la vita stessa, e fa emergere tutte le cose che uno ha dentro, quasi fosse tornato bambino...
 


La sua vergine accoglie il sole e un mercurio avanzato che cerca di evitare, per metafora, il nodo nord presente nello stesso segno, con la congiunzione a Nettuno. Si tratta di un punto delicato della sua carta che riferisce di un fortissimo bisogno di fuggire dall’ambiente quotidiano e forse, a scanso di equivoci, da se stessa (qui occorre un’indagine biografica precisa che non posso avere per ora). Questo nettuno in esilio rivela molto di questa artista, che probabilmente ha tentato di sublimare molto di se, del suo corpo (valore vergineo) e probabilmente ha volato in alto incontrando altri mondi della fantasia (nettuno congiungo al nodo nord potrebbe aver portato anche momenti di forte sconforto se comprovato dalla sua biografia).


Tutto questo può essere un segno di un’iniziale difficoltà alla vita che può far registrare un mancato adattamento pratico, come pure una sorta di rifiuto del mondo in quanto non compreso secondo i propri canoni. Ma Cesaria saprà trasformare questa possibile debolezza. E i fatti sono più che chiari.



La difficoltà di lettura di questa carta è data dalla mancanza di un orario di nascita. Tuttavia emergono diversi elementi. È assai probabile che la persona abbia sofferto restrizioni al proprio movimento e al proprio pensiero. Come una certa difficoltà di cambiamento che non arriva è descritto dal quadrato sole a Saturno/Urano la cui congiunzione può indicare un vero e proprio blocco psicologico, una sorta di chiusura. E forse è il compromesso che l’artista ha dovuto sacrificare, rinunciando alla carriera di cantante per aiutare la sua famiglia, i dieci anni di oscurità come lei li chiamava. Urano, l’intuizione e il cambiamento, e Saturno, l’ombra possono suggerire la misura della sofferenza di una scelta che non giunge, ben descritta nella psicologia mercuriale del segno della Vergine. E forse c’è qualcosa che lei stessa si aspetta che arrivi. E non avrà tutti i torti.



Nel 1988 Jose da Silva, cantante e poeta, la convince ad andare a Parigi dove inciderà il suo nuovo disco. Da qui in poi, all’età di 47 anni, inizia la carriera mondiale dell’artista. Come non vedere questo “ritardo” nei valori dei pianeti generazionali dominanti nel tema come Nettuno, Urano e in questo caso Saturno? E soprattutto come non considerare questo evento come una espressione del Se animico che scardina il programma astrologico? Ci troviamo di fronte ad una psicologia e una artista capace di integrare il proprio tema natale, e di trasformarne le sfumature più complesse.

La quadratura Luna/Plutone, poi, descrivono un ulteriore blocco – forse questa volta molto più fisico e psicologico che esistenziale –  che può avere anche una sua collocazione più sessuale o libidico (coinvolgimento del leone come procreazione e motore del cuore ma anche scorpione notoriamente indicante organi genitali). Anche qui la mancanza di elementi biografici non mi permette di sondare ulteriormente questa confutazione ma il coinvolgimento del Leone come melotesia del cuore e simbolo della circolazione (asse acquario/leone) potrebbe descrivere in senso archetipico un problema di sentimento, di passione e di sensibilità che con il tempo ha potuto generare un quadro clinico (ipotesi psicosomatica ovviamente da studiare in altra sede).



Giove quadrato ai nodi, poi, indica la difficoltà di ascesa sociale che il programma astrologico gli ha assegnato. Ma non tutto il male viene per nuocere. Anzi, con questi forti valori, Nettuno in primo luogo, l’artista ha saputo rivoltare il simbolismo della sua carta, divenendo egli stessa, testimonianza di un dolore. La vita, il canto, l’amore, la memoria. Tutto questo ci ricorda l’alto valore della sua musica, e della morna (musica folclorica capoverdiana).




Il trigono tra il visionario e sfuggente Nettuno – eclissato dal nodo nord – e Saturno/Urano e Lilith, a mio parere, sono esattamente un manifesto poetico della cantante. La testimonianza di una rassegnazione esistenziale che non si arrende allo stato delle cose e diviene spiritualmente consapevole di un contributo. Il canto (nettuno e la musica da sempre legati) è testimonianza di un dolore, delle cose umane, di un potere che non lascia liberi, di una mancata riappacificazione con se stessi e con il mondo. E per questo non bisogna fermarsi. La diva dai piedi scalzi è l’Elisir di questo dolore. Portando consapevolmente la sua storia, ella ha travolto il programma astrologico, tagliandone i condizionamenti ben evidenti sulla sua carta natale.



Marte in Ariete poi non lascia dubbi: la donna combatte eccome. Il quinconce al punto Nettuno/Nodo evidenzia come la sfida più importante di questa anima sia stata proprio questa trasformazione. Le restrizioni imposte dalla vita, troppo spesso ingiusta, sono l’esempio evidente di una trasformazione davvero impressionante che lascia davvero il segno. L’anima di Cesaria esiste ancora, la sua forza, la sua arte, il suo canto. E con essa la capacità di trasformazione del proprio ruolo nel mondo, al di la della contingenza storica, del caso della cronaca, e delle ferite interiori. Cesaria con la sua arte ha davvero vinto tutto questo ed è rinata oltre la sua stessa vita. 







giovedì 2 agosto 2012

Ficino: il vino – Terra (12)






"Voi senza dubbio sapete che il corpo pesante si nutre di quattro elementi pesanti. Sappiate dunque che il corpo spirituale si nutre di quattro elementi sottili. Per questo corpo infatti il vino sta al posto della terra, l'odore stesso del vino fa le veci dell'acqua, ancora i canti e i suoni le veci dell'aria, la luce poi ci offre l'elemento igneo. Di questi quattro elementi soprattutto si nutre lo spirito; di vino, dico, del suo odore, di canto e di luce.  [...]"


(Marsilio Ficino, 1433-1499)


Bere. Beviamo dunque! E bevendo si esprime un desiderio e un bisogno. Con questo verbo Ficino descrive “il processo dell’assorbire lo spirito dal mondo” quasi fosse una raffinazione alchemica di altra sostanza. E non a caso suggeriva il filosofo di «circondarsi di fertili fonti di spirito» per assetare l’anima. Di avvicinarsi alle sorgenti, di cercare l’acqua sorgiva.

Ma l’io, fa resistenza, è stanco e non vuole saperne di cercare raffinare l'acqua. Ancora una volta la lotta tra le due menti, quella pratica e letterale, e quella immaginativa e animica. Ed entrambe presenti nella nostra realtà. Con una particolare convenienza a dare spazio all’identità dell’io, alle sue sicurezze sociali, alla ricerca di considerazione da lasciare in disparte il viaggio dimensionale dell’altra. Un punto di vista che, per quanto naturale e spontaneo possa sembrare, è fortemente condizionato dagli eventi del passato, dall’esperienza personale, dalla convinzione assolutamente incontestabile che si è solo e soltanto così. Io sono io e basta!

L’astrologia ci spiega molte cose su questo io. E lo fanno anche le tradizioni esoteriche più antiche come l’albero della Cabala, il sistema dei Chakra, il simbolismo dei Tarocchi. Tutte raccontano la storia del nostro corpo, la sua formazione generazionale e culturale e i demoni da affrontare, i strati protettivi della psiche. Tutte ci parlano della fascinazione di questo io e della difficoltà di rifondarlo con il tutto. Identificandosi con il passato, l’io blocca sul nascere le altre esperienze così necessarie all’io. E il tempo come vedremo, è un altro elemento assolutamente indicativo per questo luogo.


Anima e io non sembrano andare d’accordo, afferma giustamente Moore. Come un patto inalienabile, abbiamo promesso a noi stessi di essere in un certo modo. E non ci concediamo altre aperture. Resistiamo ai moti dell’anima, alle sue divagazioni sublimi, alla musica che essa percepisce. Forse tutto quello che c’è da fare è quello di accorgersi di questa visione; di integrare la nostra dimensione dell’io biografico e anagrafico, con l’anima che pure siamo noi.

L’io è Senex. È vecchio, irrigidito. È archetipicamente Saturno che cerca le sicurezze materiali, l’accudimento e l'autorità, il vecchio Padre, la Tradizione, e non ammette la sovversione del Sistema.

Saturno – Crono è anche il tempo, la dimensione lineare del prima e dopo, e di tutti i suoi rituali. Quello dei valori sociali, e quello dell’allerta psicologica (per chi ha letto Zeland Vadim, è il pendolo). L’io ha delle regole e si attiene a queste (appunto la personalità, i suoi rituali, il suo modo di elaborare le emozioni, le convinzioni). L’anima, da parte sua, è “morbida”, è soffio ma soffre per non essere riconosciuta e ne sentita. E probabilmente è anche un po’ confusa!



Saturno in pentola (la cottura dell'Io?)
La stampa offre una importante riflessione sulla "cottura"


Ma appunto, per una sua irrimediabile condotta, l’io finisce per morire di se stesso, rigor mortis, dice Ficino. 
 
Il processo è il mito indicato da Dionisio/Osiride. Morendo, ed essendo fatto a pezzi, come l’uva schiacciata del vino, nasce un nuovo punto di vista e giungono nuove sensazioni. Fermentazione, essenza. Nuova vita. Dunque esiste un destino scritto in ogni vita nella galassia. La mancata integrazione tra Anima e Mente (mente subconscia appunto, qui l’io rigido) produce la morte fisica. Poiché nessuna trasmutazione avviene, lo Spirito non entra, e la vita diventa scopo in se stessa. È un messaggio potente, incredibile che ricorda molto il passo di Nicodemo con Gesù sulla seconda nascita:

Gesù: se uno non è generato dall'alto non può vedere il regno di Dio. Nicodemo gli disse: Come può essere generato un uomo già vecchio? Può forse ritornare nel grembo della madre e nascere? Riprese Gesù: In verità in verità ti dico: se uno non è generato dall'acqua e dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è generato dalla carne è carne, ciò che è generato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: occorre che siate generati dall'alto. Il vento (lo spirito) soffia dove vuole, e tu odi la sua voce, ma non sai donde venga né dove vada: così è chiunque è generato dallo Spirito (Giovanni 3,1-20).

Rinascere dai Cieli, in Spirito, essere generati dall’alto. Dunque, una riflessione profonda su quanto affermato, può essere fatta da tutti noi. Trasformazione, cambiamento, trasmutazione. Per generare questa intesa, però, è necessaria l’esperienza della rinuncia, dell’abbandono, della scelta non convenzionale, del distacco lucido, superamento della fase narcisistica dell’io. La "persona" rafforza il suo attaccamento al cordone, che appunto per ri-nascere, deve abbandonare. Un salto nel buio che fa paura. O schiacciare l’uva significa conoscere le parti di cui si è composti (esperienza dello smembramento a cui i miti di Osiride, Dionisio e Shiva si rifanno in modo esemplare), e comprenderne il tipo di relazione, il modo di funzionare.





Il vino, come essenza di Spirito (il vino della Messa) allenta la tensione vissuta dall’io. Il vino come sensazione e come processo di osservazione, come percezione di altro. Stato mentale dell’iniziato che attraverso la follia, si avvicina alle immagini altre, alle dimensioni dello Spirito. E non ultimo il piacere sensibile che pure riguarda la “sete” dell’anima.

La Terra piombo di Saturno diventa Terra fertile per la vite e il vino. La Terra grande madre diviene garante di una tradizione che contiene lo spirito e l’accudimento dell’anima. E a suo modo anche la terra, per offrire una certa esperienza, deve trasmutare e mostrare la sua epifania. Lo stesso noi, che assorbiti dal mondo reale, ignoriamo le altre vie. Il vino apre!

Non si tratta di un piacere edonistico e carnale. È un piacere totale, del corpo e della psiche, che attiva la sospensione del tempo, l’abbandono dell’io oscurante e preoccupato (l’ego della disistima, per esempio). “Il piacere non mira al raggiungimento di scopi e di realizzazioni, anzi, il contrario; il piacere un ulteriore incentiva a entrare in qualche fantasia” ricorda Moore nel suo saggio su Ficino.

Qui il vino diventa simbolo ed elemento reale di una condizione sensibile per cogliere lo Spirito e l’Anima. Non divertimento (divertere, appunto allontanarsi da un riferimento, volgersi altrove) ma intrattenimento, luogo psichico e dimensionale di una esperienza assolutamente astratta e interiore. L’intenzione del soggetto deciderà il senso di questa esperienza: ebbrezza, sbronza, estasi, rilassamento, degustazione. Qui poco importa. Quello che conta che il piacere descritto da Ficino è uno stato d’animo che allontana le seccature dell’io e della sua apprensione al mondo sociale. E' il vino che smembra le certezze illusorie ed effimere che tanto abbiamo faticato ad ottenere e consolidare.


Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete;
 anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna” 
 Giovanni 4:13 - 14
 
























E il vino nel calice diventa qualcosa di molto potente. Il calice, che contiene, richiama propriamente il femminile, qui altrimenti Anima. E lo Spirito/Vino riempie il calice per divenire trasmuitazione/donazione. Appunto l’acqua segreta/secreta che sazia la sete.

domenica 29 luglio 2012

Ficino: gli elementi della Psiche (11)

La coscienza dunque permette di modificare il punto di vista del mondo. E lo fa attraverso se stessa, il fuoco interiore, le percezione. E ci fa vedere un mondo diverso dalla sua apparente staticità degli elementi. La realtà è dunque corpo, anima e spirito (come non vedere poi in questa trinità la costante presenza di Padre, Figlio e Spirito Santo in tutte le religioni? la Trimuri induista, per esempio).

È un nuovo vedere e un nuovo percepire. Il quadrato si è fatto triangolo. Il Solve et Coagula, permette di osservare la dinamicità della realtà. Noi siamo parte attiva e non solo contemplativa del tutto. Si tratta di una equazione potente se messa in pratica.

La percezione animica, l’anima mundi, permette di lasciare l’intelletto e il letterarale per approdare ad una nuova dimensione del Se.  E' una nuova consapevolezza, che non si può ne fissare e ne chiudere in qualcosa di preciso, una operazione psicologica che invece l’ego e la personalità richiedono in continuazione. Rimanere aperti quindi. 



Un occhio intellettuale non può cogliere le frequenze e la danza dell’occhio psicologico, laddove Ficino intende psiche come pneuma, soffio, anima. Ebbene ricordare che punto di vista psicologico per Ficino non è la psiche come la intendono Freud e tutta la psicoanalisi. La psiche è intesa proprio come anima e forse uno dei limiti strutturali dell’analisi propriamente intellettiva della psicologia contemporanea è quello di lasciare in disparte il centro della vita, appunto il cuore/anima per mettere al centro il corpo/mente. Ovvero la macchina biologica. Dunque per quanto utile a normalizzare un processo cognitivo, la psicologia potrebbe in molti casi mancare il bersaglio (il condizionale è assolutamente d'obbligo). Causa ed effetto potrebbero non bastare, poiché l’anima è fuori dalle categorie dello spazio e del tempo. Mentre la psichiatria continua a prescrivere farmaci e sostanze chimiche e altri continuano ad elaborare una certa idea di complesso Edipico o di castrazione, l'anima vive una sua fase debilitante di emarginazione.




L’osservazione archetipica di Jung si avvicina tuttavia molto a questa idea di psiche animica e archetipica. E questo livello è poi espresso da Ficino da una rappresentazione interiore degli stessi elementi alchemici.

                                               TERRA           VINO
                                               ACQUA          AROMA DEL VINO
                                               ARIA              MUSICA
                                               FUOCO          LUCE

Seguendo poi Jung e l'astrologa psicologa Liz Greene ritroviamo questi elementi come aspetti proprio del tema natale e del temperamento psichico, strumenti importanti per attuare il processo di individualizzazione (individuo, non diviso, non separato).

La presenza di questi elementi caratterizza l’individuo. E il tipo di indagine che ogni uno può realizzare su di se. L’elemento e la sua qualità invisibile e metafisica. Ecco tutto. Metafore per la dimensione psichica. Metafore reali come il mondo fisico. L'acqua si fa vino (quello del vino, nella storia antica fu per molto tempo un segreto iniziatico custodito da pochi sapienti)



«Così come per sopravvivere dobbiamo assumere e digerire il mondo fisico, allo stesso modo questi elementi spirituali devono diventare cibo per l’anima perché questa possa prosperare», osserva Moore (i nutrimenti sono alla base della vita non solo organica ma più propriamente sensibile e spirituale come poi osservava Gurdjieff).

E qui sorge un problema o una separazione di fatto tra la vita interiore, psichica e quella la vita esteriore fatta di educazione, condizionamento, apprendimento scolastico, morale. Colui che può abbandonare il percorso imposto, inizia una nuova strada del Se. Abbandonare i riti della società è la prima grande prova da superare, come atto interiore, una operazione che non trova altra definizione se non come deprogrammazione (educere appunto educare significa “portare fuori”  qualcosa di noi che abbiamo dentro, mentre la società tende a sopprimere questa istanza per imporre un modello assolutamente invasivo e stabilito).

Il bambino va a scuola. Apprende. Ma cosa sarà della psiche del bambino, si chiede Moore. Ecco, allora che il tentativo di prendere coscienza si scontra all'istante con un limite. La società, il sistema. L’uomo non nasce e concilia il suo sentire la vita con un mondo quasi sempre primitivo, fatto di sistemi di ogni tipo, di reti e connessioni che a dire il vero non lo riguardano molto e che pure gli sono necessari per sopravvivere. Nato nel corpo, l'essere umano ci resta per tutta la sua esistenza senza sospettare le qualità dell'anima. Forse, proprio come ricorda Moore, la grande malattia contemporanea è la perdita dell'anima che scompare dalla nostra vita mentre prendono forma ossessioni, limiti, dipendenze, malattie. Sintomi ne casuali e ne isolati. Ma appunto un linguaggio, per quanto doloroso, di questa assenza davvero imbarazzante. 





Per questo occorre fare una scelta. Inizare a sentire l'anima; o perpetuare la vita di tutti i giorni. Delle due, una!  Per citare nuovamente Gurdjieff, niente è più scomodo che occupare due poltrone! Detto altrimenti non si possono servire due padroni.  Ficino con le sue immagini essenziali e profonde cerca di recuperare quanto perso nel mondo profano e soltanto materialista. Ma sia chiaro, non si tratta di un obbligo. L'importante è scegliere. Il resto viene da se...


martedì 17 aprile 2012

Marsilio Ficino (10) Condensazione e Sublimazione (ovvero dei detriti)


L’alchimista cerca l’oro. Questo è un fatto noto. Ma questo oro non è quello metallico o fisico, che incrementa potere e ricchezza materiale. Ma bensì interiore. Il Se aureo, la parte più alta di noi, quella che “brilla di spiritualità”. Ed è importante dire che oro sta probabilmente a contatto con la stessa anima.


Il fatto ci viene perfino dalle tavole babilonesi tradotte da Zecharia Sitchin nei suoi 13 volumi che parlano degli Annunaki come creatori della vita terrestre e dell’essere umano, l’adam. Creati, traduce l’autore, per cercare l’oro nelle miniere. Dunque schiavi. Eppure la metafora appena descritta, alla luce di molte altre ricerche, quelle di Malanga per esempio, o dell’alchimia, appunto,  potrebbe cambiare di molto la prospettiva. La creazione della vita e del corpo umano permette di inglobare l’oro interiore, ovvero l’energia oro (Roberto Zamperini è il primo autore italiano a parlare della dinamica sottile di questa energia). Fattore energetico e spirituale che potrebbe coincidere con Anima. Dunque gli Annunaki cercavano il modo per catturare questa energia, proprio come fa il diavolo che “ruba” l’anima. Attraverso la costruzione biogenetica dell’essere umano. Ma questa, ovviamente è un'altra storia e non può essere trattata così alla leggera.


 
Una osservazione è tuttavia d'obbligo. Il termine Adam è tanto importante nella letteratura del professore Sitchin, quando nell'alchimia e nelle sue terminologie iniziatiche. Anche nella mistica ebraica argomenta l'uomo primordiale o superno conosciuto come Adam Qadmon, l'ultima creatura creata, ovvero l'essere umano. La sua rappresentazione è propriamente l'Albero della Cabala il quale rappresenta anche il corpo umano e le sue strutture energetiche.



Nell’alchimia al centro dell’opera vi è, dunque, l’oro interiore, punto centrale anche di questo capitolo ficiano: la condensazione e la sublimazione. Il solve et coagula già trattato. Condensazione del mutevole, concretizzazione degli schemi spirituali; sublimazione del fisico del letterale in vapore. Stiamo ancora trattando la centralità interiore dell’essere umano in riferimento ad una presunta spiritualità altra e alta.

la carta numero 15 dei tarocchi può essere interpretata anche come il solve et coagula
ovvero il lavoro sulle energie "entranti" e "uscenti" per usare una terminologia poco tecnica. 
La lettera di riferimento è la Samech, che concilia con l'Ourobouros.





Scaldare cuocere bollire arrostire. Nel bollire troppo il contesto pratico della vita potrebbe divenire meno produttivo; ma i valori di anima si colgono con più facilità, emergono. In terapia o in analisi ciò che rimane stagnante o pesante nel fondo della pentola inizia a bollire, emergendo sulla superficie: i ricordi del passato, la zona onirica dell’inconscio, sentimenti coperti e familiari. Nel punto caldo inizia un confronto con quello che abbiamo dimenticato di noi. Il calore riporta in superficie quello che abbiamo sepolto. L’alchimia anticipa di secoli la psicoanalisi e la scoperta interiore. E il punto è proprio questo, ricorda Moore: “l’alchimia comincia con un pasticcio, con immondizie e scorie, la massa confusa alchemica, lo sgradevole pasticcio che è la materia grezza, la prima materia dell’aure Sé”.


Con l’alchimia si entra in contatto con il latente. L’alchimia permette un confronto tra l’io quotidiano, quello che noi conosciamo come “me” e il Se, profondo interiore fin troppo nascosto alla luce del sole. l’Io preferisce l’ordine, la pulizia e non vuole saperne di detriti se pur questi esistono nel fondo della pentola. L’alchimia sa che la via passa attraverso il sudiciume. Come ricorda Moore «se non hai del sudiciume faresti meglio a darti da fare per procurartelo!». Cosa che lui stesso ricorda in modo sorprendentemente franco: la psicoterapia è come mettere insieme la propria merda”. Si capisce anche da questo perché occupare il divano dell’analista non è un posto molto comodo! Tutt’altro. Si tratta di una grande prova.

Il paradosso è proprio qui. Lo stesso Jung sosteneva che il sudiciume era necessario per la disciplina della psicologia stessa. Molte persone che hanno bisogno di terapia sono coloro che hanno evitato l’incontro con il sudiciume, si sono irrigidite nella loro identità egoica, hanno cercato di evitare l’incontro e di coprirla.

La sublimazione quindi è un riconoscimento della nostra parte bassa, e della sua legittima presenza in noi. È roba nostra! Lo abbiamo già ripetuto: l’anima la si riconosce partendo dal basso. Li esiste la materia prima necessaria per la cottura, e per il riciclaggio di tutto quello che pensavamo brutto, sporco e cattivo. L’anima ha una sua prima epifania in questa parte della vita.



Un ultimissima cosa. E' interessante osservare quanto il concetto di anima sia vicino alla dimensione astropsicologica dello Scorpione, per altro proposto nei primi post. Il segno della VIII casa è il luogo della libido e al contempo luogo degli escreti, si compone del profondo buio, dei detriti e per questo può indicare una dimensione di trasformazione, di morte e rinascita dell’individuo con un riferimento davvero significativo nella ricerca della propria anima.

martedì 3 aprile 2012

Ficino: soluzione del corpo (9)




L’opera alchemica inizia con la soluzione del nostro corpo. Ma che significa? La frase, come ricorda Thomas Moore, è evidenziata negli studi di Arnaldo da Villanova, alchimista, medico e letterato apprezzato da Bonifacio VIII, Benedetto XI e Clemente V.  Per altro è assai nota la sua attività di ricercatore medico e astrologo e questo ci riconduce al centro della medicina ficiana.



Il significato può essere posto su diversi piani. Soluzione del corpo potrebbe voler dire attenzione alla fisicità e alla materia; oppure un forte coinvolgimento del corpo che altro non sarebbe, come ricorda Freud, un’estensione dell’Io. Ma forse, in ambito psicoastrologico potrebbe indicare qualcosa di più complesso. La soluzione del corpo, in effetti, è in primo luogo una “rinuncia” alla propria natura fisica. O come preferiscono professare gli alchimisti, la soluzione del corpo è il solve. Questa “rinuncia” è l’esatto incontro tra Spirito e Corpo e il loro dialogo spesso simbolico, sibillino o perfino sintomatico (si pensi al linguaggio della malattia che Rudiger Dahlke e Tohrwald Dethlefsen hanno trattato nei loro noti volumi). 
 


I due testi per quanto distanti dal contesto storico e filosofico di Ficino, riferiscono, tuttavia, una importante visione sul linguaggio dell'anima e sul concetto di malattia come codice comunicativo del corpo, indice di una sintomatologia psicoemotiva precisa. 
In altre parole stiamo argomentando il valore dei pianeti interiori e dei loro archetipi. Tanto è che Dahlke nella ultima redazione di Malattia come Sintomo inserisce nel suo prontuario i principi planetari di ogni singola malattia.


Esiste un campo, un punto di contatto dove Spirito e Corpo entrano in contatto e formano una nuova coscienza. A volte questa emerge in modo assolutamente costruttivo; altre in modo diverso, trasversale, occasionale. Il punto è saperla osservare. La soluzio è il punto in cui l’azione fisica e il progetto di vita si ferma per puntare l’attenzione nel centro interiore, luogo della psicologia umana, del sentire. Svanisce il confine per entrare in una nuova regione.
In alchimia la soluzio richiama l’acqua che pure ricorda il rito battesimale. L’acqua della psiche dissolve e forma anche, diventa elemento di nascita di qualcosa. Ma c’è di più: la soluzione alchemica decompone la sostanza corporea nelle sue parti, attivando una separazione, evitando la fissità terrestre, elevandola da un valore altrimenti esterno. Il dentro. Il profondo. Non significa eliminare il corpo e ne rifiutarlo. Ma questa operazione tenta di portare dentro di se il reale, sentire dell’essere umano e della sua psicologia.  Si diventa cosi consapevoli delle correnti interiori, dei travasi, dei giochi di acqua, dei movimenti inconsci, si risale alla sorgente primigenia. Li c’è una zona in cui pensiero e azione, sogno e realtà non hanno poi questi confini ben definiti. Ed è qui che cogliamo la progettualità dell’immaginazione intenta secondo un suo stile e un suo linguaggio a creare ponti, ruscelli e rive per quest’acqua. Si tratta quindi di autosservazione, di percezione profonda del se, di analisi del nostro progetto interiore. Il tema natale ne è la conferma: volenti o nolenti questo progetto esiste. Ma forse scopo dell’essere umano, ammesso che esista una possibilità teologica o gnostica di rintracciarne uno, non è quello di conoscere se stesso attraverso il codice astrologico o della matrice, quanto piuttosto sperimentare le proprie fantasie, i progetti virtuali, la propria imperfezione, il sentire reale e le sue qualità. Dunque vivere e agire, piuttosto che riflettere sulla metafisica. Forse.

 
In questo processo di autosservazione tuttavia emerge molto di noi. Ed è un processo delicato quasi aleatorio. Mentre tentiamo di tirare fuori la nostra anima, possiamo osservare le nostre fantasie e la nostra immaginazione. Disciolte, ovvero applicata la soluzio, possiamo vederle in superficie, vedere in molti personaggi interiori che animano il vissuto interiore. E quanto questi finiscano per emergere in comportamenti reali nella vita fisica e quotidiana. È un’operazione potente. Un ritorno all’origine, una scomposizione che permette di vedere la nostra reale “immagine” e quale suono spinge a certe azioni, per quanto coscienti o automatiche.

Questo piano di osservazione è la regione di anima; mentre la cerco e la vedo osservo il modo in cui io stesso agisco con la mia immaginazione la mia programmazione, la mia storia. Questa regione è quella di anima. E in questa stessa osservazione si attua la soluzio/rinuncia delle rigidità o dei programmi interiori installati nel nostro corpo e nella nostra mente. Anche questo aspetto non può che essere avvicinato alla medicina dell’anima e alla presa di coscienza. Qui corpo e mente si incontrano, e la vita inconscia fluisce verso la superficie. E per usare un’espressione più esoterica il quadrato (la natura degli elementi che formano l’io naturale) divengono triangolo (ovvero Corpo Anima e Spirito). Attraverso questo processo c’è una reale e personalissima iniziazione a se stessi, una consapevolezza il cui riconoscimento permette di capire chi siamo o cosa veramente “sentiamo”. Poiché questo sentire è davvero più preponderante nella nostra esistenza di quanto possiamo pensare. E dunque la soluzio permette anche di recuperare questo sentire troppo spesso autocensurato.


 
E al contempo questa osservazione richiede una pulizia dei detriti, una purificazione interiore. Ficino parla di purificazione come processo psicologico del diventare più celesti, ovvero nel riconoscere la propria origine non soltanto nel sistema corpo/fisico ma anche per il progetto elevato e complesso che incarniamo, come intelligenza del corpo, come progetto sociale capace di agire, come intenzione scritta nel tema natale. Nel diventare celesti si attua una purificazione della “sozzure” e tutte quelle cose che si sono attaccate alla nostra vita e per questo sono dissimili dal cielo (dal mondo dello spirito). E per suo conto lo ripete anche Arnaldo di Villanova nel suo Commentario al Regimen Sanitatis Salernitanum (raccolta di massime igenico-farmacologiche). La soluzio permette la pulizia interiore poichè nella stessa osservazione riconosciamo il superfluo, il residuo, il detrito.

In soluzione si avvia la purificazione. In soluzione i movimenti sono tutti percepiti: quella della luna veloce, e quella del lento Saturno, perfino del lontanissimo Plutone, che Ficino naturalmente non menziona.  In soluzione i movimenti sono riconosciuti e la dimensione psichica riconosce se stessa, attivando al contempo una pulizia. Mettendo le cose in ordine, comprendendo una serie successiva di cose che ci riguardano tanto nel piccolo quanto nel grande. E perfino le emozioni, proprio loro, come opera la psicoanalisi o uno psicodramma, o le cose dell’Arte, possono uscire fuori realizzando una catarsi salvifica (il termine catarsi richiama tanto una soluzione quanto una purificazione).

Dunque è un processo più che naturale, che può essere realizzato con un’attenzione attenta, volontaria, consapevole. Soltanto da questo passo, volontario, si attua la spontaneità di un movimento, che altrimenti è indice di comunicazione tra Corpo e Spirito, tra mondo fisico e mondo Divino. Con la soluzione si realizza un confronto tra le idee dell’io se e le sue fantasie. La vitalità psichica, la salute mentale e l’integrità fisica possono emergere da questa disponibilità agli “oggetti” interiori. Non più quelli forgiati dalla natura e dalla sua sorte. Ma quella di un intelletto sensibile e spirituale, consapevole del suo esserci, che vive dentro ogni uno di noi, che pure coinvolge ogni atto fisico del nostro essere in vita. Dentro questa regione abita un’intenzione archetipica originale che continua a spingere la nostra vita tra la sorte del caso, e l’intenzione di un destino. A noi la scelta.