(Marsilio Ficino, 1433-1499)
Bere. Beviamo dunque! E bevendo
si esprime un desiderio e un bisogno. Con questo verbo Ficino descrive “il
processo dell’assorbire lo spirito dal mondo” quasi fosse una raffinazione
alchemica di altra sostanza. E non a caso suggeriva il filosofo di «circondarsi
di fertili fonti di spirito» per assetare l’anima. Di avvicinarsi alle
sorgenti, di cercare l’acqua sorgiva.
Ma l’io, fa resistenza, è stanco
e non vuole saperne di cercare raffinare l'acqua. Ancora una volta la lotta tra le due menti,
quella pratica e letterale, e quella immaginativa e animica. Ed entrambe
presenti nella nostra realtà. Con una particolare convenienza a dare spazio all’identità
dell’io, alle sue sicurezze sociali, alla ricerca di considerazione da lasciare
in disparte il viaggio dimensionale dell’altra. Un punto di vista che, per
quanto naturale e spontaneo possa sembrare, è fortemente condizionato dagli
eventi del passato, dall’esperienza personale, dalla convinzione assolutamente
incontestabile che si è solo e soltanto così. Io sono io e basta!
L’astrologia ci spiega molte cose
su questo io. E lo fanno anche le tradizioni esoteriche più antiche come l’albero
della Cabala, il sistema dei Chakra, il simbolismo dei Tarocchi. Tutte
raccontano la storia del nostro corpo, la sua formazione generazionale e
culturale e i demoni da affrontare, i strati protettivi della psiche. Tutte ci parlano della fascinazione di
questo io e della difficoltà di rifondarlo con il tutto. Identificandosi con il
passato, l’io blocca sul nascere le altre esperienze così necessarie all’io. E
il tempo come vedremo, è un altro elemento assolutamente indicativo per questo
luogo.
Anima e io non sembrano andare
d’accordo, afferma giustamente Moore. Come un patto inalienabile, abbiamo
promesso a noi stessi di essere in un certo modo. E non ci concediamo altre
aperture. Resistiamo ai moti dell’anima, alle sue divagazioni sublimi, alla
musica che essa percepisce. Forse tutto quello che c’è da fare è quello di
accorgersi di questa visione; di integrare la nostra dimensione dell’io
biografico e anagrafico, con l’anima che pure siamo noi.
L’io è Senex. È vecchio,
irrigidito. È archetipicamente Saturno che cerca le sicurezze materiali,
l’accudimento e l'autorità, il vecchio Padre, la Tradizione, e non ammette la sovversione del Sistema.
Saturno – Crono è anche il tempo, la dimensione lineare del prima e dopo, e di tutti i suoi rituali. Quello dei valori sociali, e quello dell’allerta psicologica (per chi ha letto Zeland Vadim, è il pendolo). L’io ha delle regole e si attiene a queste (appunto la personalità, i suoi rituali, il suo modo di elaborare le emozioni, le convinzioni). L’anima, da parte sua, è “morbida”, è soffio ma soffre per non essere riconosciuta e ne sentita. E probabilmente è anche un po’ confusa!
Saturno – Crono è anche il tempo, la dimensione lineare del prima e dopo, e di tutti i suoi rituali. Quello dei valori sociali, e quello dell’allerta psicologica (per chi ha letto Zeland Vadim, è il pendolo). L’io ha delle regole e si attiene a queste (appunto la personalità, i suoi rituali, il suo modo di elaborare le emozioni, le convinzioni). L’anima, da parte sua, è “morbida”, è soffio ma soffre per non essere riconosciuta e ne sentita. E probabilmente è anche un po’ confusa!
Saturno in pentola (la cottura dell'Io?) La stampa offre una importante riflessione sulla "cottura" |
Ma appunto, per una sua
irrimediabile condotta, l’io finisce per morire di se stesso, rigor mortis, dice Ficino.
Il processo è il mito indicato da
Dionisio/Osiride. Morendo, ed essendo fatto a pezzi, come l’uva schiacciata del
vino, nasce un nuovo punto di vista e giungono nuove sensazioni. Fermentazione,
essenza. Nuova vita. Dunque esiste un destino scritto in ogni vita nella galassia. La mancata integrazione tra Anima e Mente (mente subconscia appunto, qui l’io
rigido) produce la morte fisica. Poiché nessuna trasmutazione avviene, lo Spirito non
entra, e la vita diventa scopo in se stessa. È un messaggio potente,
incredibile che ricorda molto il passo di Nicodemo con Gesù sulla seconda
nascita:
Gesù: se uno non è generato dall'alto non può vedere il regno di Dio.
Nicodemo gli disse: Come può essere generato un uomo già vecchio? Può forse
ritornare nel grembo della madre e nascere? Riprese Gesù: In verità in verità
ti dico: se uno non è generato dall'acqua e dallo Spirito non può entrare nel
regno di Dio. Ciò che è generato dalla carne è carne, ciò che è generato dallo
Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: occorre che siate generati
dall'alto. Il vento (lo spirito) soffia dove vuole, e tu odi la sua voce, ma
non sai donde venga né dove vada: così è chiunque è generato dallo Spirito (Giovanni 3,1-20).
Rinascere dai Cieli, in Spirito,
essere generati dall’alto. Dunque, una riflessione profonda su quanto
affermato, può essere fatta da tutti noi. Trasformazione, cambiamento,
trasmutazione. Per generare questa intesa, però, è necessaria l’esperienza
della rinuncia, dell’abbandono, della scelta non convenzionale, del distacco
lucido, superamento della fase narcisistica dell’io. La "persona" rafforza il suo attaccamento al
cordone, che appunto per ri-nascere, deve abbandonare. Un salto nel buio che fa paura. O
schiacciare l’uva significa conoscere le parti di cui si è composti (esperienza dello smembramento a cui i miti di Osiride,
Dionisio e Shiva si rifanno in modo esemplare), e comprenderne il tipo di relazione, il modo di funzionare.
Il vino, come essenza di Spirito (il
vino della Messa) allenta la tensione vissuta dall’io. Il vino come sensazione
e come processo di osservazione, come percezione di altro. Stato mentale
dell’iniziato che attraverso la follia, si avvicina alle immagini altre, alle
dimensioni dello Spirito. E non ultimo il piacere sensibile che pure riguarda
la “sete” dell’anima.
La Terra piombo di Saturno
diventa Terra fertile per la vite e il vino. La Terra grande madre diviene
garante di una tradizione che contiene lo spirito e l’accudimento dell’anima. E
a suo modo anche la terra, per offrire una certa esperienza, deve trasmutare e
mostrare la sua epifania. Lo stesso noi, che assorbiti dal mondo reale,
ignoriamo le altre vie. Il vino apre!
Non si tratta di un piacere
edonistico e carnale. È un piacere totale, del corpo e della psiche, che attiva
la sospensione del tempo, l’abbandono dell’io oscurante e preoccupato (l’ego
della disistima, per esempio). “Il piacere non mira al raggiungimento di scopi
e di realizzazioni, anzi, il contrario; il piacere un ulteriore incentiva a
entrare in qualche fantasia” ricorda Moore nel suo saggio su Ficino.
Qui il vino diventa simbolo ed
elemento reale di una condizione sensibile per cogliere lo Spirito e l’Anima. Non
divertimento (divertere, appunto allontanarsi da un riferimento, volgersi
altrove) ma intrattenimento, luogo psichico e dimensionale di una esperienza
assolutamente astratta e interiore. L’intenzione del soggetto deciderà il
senso di questa esperienza: ebbrezza, sbronza, estasi, rilassamento, degustazione. Qui poco importa.
Quello che conta che il piacere descritto da Ficino è uno stato d’animo che allontana le seccature
dell’io e della sua apprensione al mondo sociale. E' il vino che smembra le certezze illusorie ed effimere che tanto abbiamo
faticato ad ottenere e consolidare.
Ciao
RispondiEliminaCome compito di scuola ho dovuto creare un blog del filosofo, io personalmente ho scelto Marsilio Ficino, nel senso che devo condividere/scrivere cose che Marsilio avrebbe condiviso nel XXI secolo come se lo facesse in prima persona.
Ho notato che il tuo blog tratta di Marsilio quindi ti inviterei a visitare il mio blog www.villacareggi.blogspot.com e magari commenti come se il blog fosse di Ficino.